Il paesaggio e la sua tutela

Cos'è il paesaggio? Da quando lo tuteliamo, e con quali strumenti? Alcune caratteristiche del paesaggio veneto

Data:
25 Maggio 2021

Il paesaggio e la sua tutela
Veduta di Feltre. Foto tratta da Visit Feltre
Veduta di Feltre. Foto tratta da Visit Feltre

Veduta di Feltre. L’immagine è tratta da Visit Feltre



“Gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità”.

Con queste parole il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, scrive una lettera a un noto settimanale italiano (25 maggio 2021) per ricordare la centralità della cultura per lo sviluppo del nostro Paese. Il principio, scrive il Presidente della Repubblica, ha le sue radici nella nostra Costituzione: “Quante volte abbiamo ascoltato il vocabolo “bellezza” associato a “Italia”? Per dare profondità a questo straordinario abbinamento di pare occorre fare ricorso al senso che i nostri Padri Costituenti seppero dare ad un terza parola: cultura. Accanto alla cultura c’è il valore della ricerca, del paesaggio, del patrimonio storico artistico, tutti beni da promuovere e tutelare”.

Il riferimento più evidente è all’art 9. della nostra Costituzione che protegge i beni artistici e paesaggistici, da interpretare però con gli occhi del presente, leggendo la Carta Costituzionale “non come libro inerte bensì come documento vitale e fertile, capace di proporre un’etica pubblica”, facendo quindi da monito per il lascito alle nuove generazioni e soprattutto dando un chiaro segnale che va nella direzione del rispetto e della consapevolezza del nostro patrimonio culturale, al di là di ipotetici snellimenti burocratici nella sua gestione.

Proprio dalle parole del Presidente della Repubblica si vuole prendere uno spunto importante per ricordare l’importanza che la tutela del paesaggio riveste nell’ambito del lavoro della Soprintendenza, che svolge in particolare attraverso:

  • partecipazione alla pianificazione paesaggistica, di concerto con la Regione (artt. 135 e 143 del Codice);
  • partecipazione nei procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di iniziativa ministeriale e regionale (art. 138-141 del Codice);
  • partecipazione al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 146 del Codice);
  • partecipazione, in qualità di soggetto competente anche in coordinamento con i competenti Uffici ministeriali, nell’ambito dei procedimenti di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Impatto Ambientale

Ci sembra utile, quindi, ricordare velocemente qualche fondamentale definizione e riferimento normativo e temporale rispetto alla tutela del paesaggio.

Cos’è il Paesaggio?

“Per Paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”
(art. 131 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio d.lgs n. 42/2004).

Quando parliamo di Paesaggio ci riferiamo a quell’intreccio inscindibile tra cultura, storia e natura che caratterizza in proporzioni diverse ogni luogo.

Con il termine Ambiente, invece, privilegiamo gli aspetti ecologici e naturalistici.

In questo senso Paesaggio e Ambiente non sono sinonimi, ma sono due modi diversi di osservare, conoscere e descrivere un unico oggetto: lo spazio in cui viviamo.

Un elenco esaustivo di quali beni paesaggistici siano tutelati è presente negli artt. 134, 136 e 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.


Da quando tuteliamo il Paesaggio?

L’Italia tutela il Paesaggio con apposite leggi sin dal 1912. Nell’arco dell’ultimo secolo è cresciuta la consapevolezza sul valore del paesaggio e si sono affinati gli strumenti legislativi per proteggerlo.

Con l’entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali nel 2004, la “dichiarazione di notevole interesse pubblico” (art. 140 Codice dei Beni Culturali) non si limita più alla sola descrizione dei valori presenti in un determinato territorio, ma comprende anche una specifica disciplina d’uso; si tratta di un insieme di indicazioni volte a guidare le trasformazioni in un contesto tutelato, nel rispetto di quelle componenti ambientali, ecosistemiche e antropiche che, per la loro qualità, rappresentano un bene comune.

Il riferimento normativo più generale è quello della Convenzione Europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000, ufficialmente sottoscritto a Firenze il 20 ottobre 2000.

La Convenzione ha come obiettivo quello di attuare, a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale, politiche e provvedimenti atti a salvaguardare, gestire e pianificare i paesaggi d’Europa, al fine di conservare e migliorarne la qualità e far sì che le popolazioni, le istituzioni e gli enti territoriali ne riconoscano il valore e l’interesse, partecipando alle decisioni pubbliche in merito.

Veduta delle colline di Conegliano e Valdobbiadene; immagine tratta da Wikipedia

Veduta delle colline di Conegliano e Valdobbiadene; immagine tratta da Wikipedia


Che cos’è la dichiarazione di notevole interesse pubblico?

La dichiarazione di notevole interesse pubblico è il riconoscimento dei valori esistenti in un determinato paesaggio. E’ il modo in cui la Repubblica individua e tutela luoghi che per la loro bellezza, la loro storia o l’alta qualità ambientale rappresentano un patrimonio di tutti i cittadini.

Solo in Veneto ci sono 1068 paesaggi tutelati, di cui 234 ricadono nel territorio di competenza di questa Soprintendenza.

Sono paesaggi diversissimi, come ad esempio il sistema di ville sul Terraglio e sulla Riviera del Brenta; i centri storici di Conegliano o di Noale; alcuni contesti rurali e naturali di particolare pregio come le colline di Asolo o i colli Euganei, Cortina e la valle del Boite.

Vista dalle Tofane verso il gruppo del Sorapis e dell’Antelao


Caratteristiche del paesaggio veneto


Sistema villa – paesaggio

Il paesaggio veneto è stato fortemente connotato dal fenomeno villa, che con la sua organizzazione, le sue pertinenze, il suo spazio agricolo, la rete idraulica cui faceva e fa riferimento ancora oggi ha strutturato una parte significativa del territorio regionale. La tutela di questa straordinaria testimonianza di paesaggio progettato a partire dal Cinquecento è uno dei temi prioritari che portiamo avanti attraverso un lavoro di indirizzo e salvaguardia,  d’intesa con Enti Pubblici, privati e altri organismi coinvolti nella gestione del territorio. L’obiettivo è salvaguardare l’insieme inscindibile architetture e paesaggio



Sopravvivenze di antichi paesaggi agrari.
Il sistema a ‘coltura promiscua’: la piantata veneta.

La piantata veneta è un’antica sistemazione dello spazio agrario, coltura promiscua dove si trovano tre tipi di coltivazioni: arbustiva (la vite), arborea (il tutore vivo della vite, ovvero alberi da pastura, da frutto o da legna) ed erbacea (cereali, ortaggi o prato stabile). I seminativi erano cosparsi di alberi isolati da legno, da frutto o da foglia (aceri, olmi, salici e ciliegi, più tardi sostituiti dai gelsi per via del diffondersi della bachicoltura per la produzione della seta), o attraversati da lunghi filari che fungevano da sostegni vivi alle viti. I tralci della vite si avvitavano sul tronco, oppure venivano tesi da un albero all’altro in festoni o infine si spingevano a formare complicate pergole.

Più correttamente, si dovrebbe parlare anche di una organizzazione idraulico‐agraria in quanto spesso il sistema della piantata si accompagnava ad opere di regimazione idraulica e interpoderali di modifica del terreno naturale, deputate allo smaltimento delle acque in eccesso e alla mobilità all’interno del podere.

Già nota in epoca romana col nome di arbustum gallicum, dal XII al XX secolo la piantata ha vissuto uno sviluppo continuo e costante, configurando uno dei principali elementi ordinatori del paesaggio agrario di larga parte della pianura Padana.

La pratica agricola troverà piena maturità a partire dal Cinquecento, quando agli elementi costitutivi le innovazioni tecniche permisero di associare elaborati sistemi di opere idrauliche che, attraverso la realizzazione reti irrigue continue e diffuse (fatte di prese e di organi scolanti quali baulature, scoline e fossati), conferirono progressivamente ai fondi agrari una regolarità di impianto tale da disegnare un’ordinata trama agricola, estesa e riconoscibile. Questo lento e continuo processo di organizzazione strutturale della campagna coltivata ha, nel corso dei secoli, modellato la forma e condizionato la struttura del paesaggio rurale di interesse storico, consentendo la creazione di un mosaico paesistico i cui segni persistono tanto da essere ancora ampiamente riconoscibili anche laddove la pratica agricola non risulta più in uso da decenni, sostituita da colture specializzate di tipo intensivo e meccanizzato ed erosa da trasformazioni urbanistiche sempre più diffuse sul territorio.


Sopravvivenze di antichi paesaggi agrari.
La centuriazione a nord est di Padova

Ancora oggi la campagna a nord est di Padova conserva la traccia del reticolo centuriale di età romana riconoscibile nella suddivisione regolare in grandi quadrati pressoché uguali, delimitati da strade e fossi che si incontrano ad angolo retto.

Esteso tra Villa del Conte e Mirano, tra Camposampiero e Vigonza, questo disegno agrario, soggetto alla giurisdizione dell’antica Patavium, fu impostato dagli agrimensori nei decenni centrali del I sec. a.C. su due principali assi stradali: il decumano massimo, riconoscibile nell’attuale via Desman, che ne richiama il nome, e il cardo massimo, in parte ripercorso dalla strada del Santo e corrispondente all’arteria romana nota come via Aurelia, che da Padova conduceva ad Asolo.

In questa forma l’antico paesaggio agrario ha continuato a sopravvivere attraverso i secoli, condizionando, nonostante le alterazioni e i ripristini cui fu soggetto nel tempo, l’assetto territoriale di questa porzione di pianura.

La centuriazione di Padova nord-est

La centuriazione di Padova nord-est

Ultimo aggiornamento

31 Maggio 2021, 16:14